Tabarè amorosi: pensieri sul separatismo

 

Il fatto che sia trans o giù di lì mi pone sia dentro che fuori al discorso separatista.
Ho iniziato a pensarci dal giorno stesso di Non una di meno, prima no che ero distratta, purtroppo.
Non credo di riuscire a pensare la questione senza pensare a dove e cosa e come sono (sul perché ho ancora qualche difficoltà), a farne un discorso di solo principio e non credo nemmeno che ci possa essere un modo univoco per pensare e agire il separatismo.

C’è un momento per le donne, le persone trans, le genti gendersomething dove si sta insieme e un altro per includere altri. Inclusione ed esclusione non sono come l’acqua e come l’olio ma come la panna e il cioccolato. Non sempre tutt’insieme ma nemmeno l’iperfrazionamento. Ci sono delle specificità e delle intimità che non vanno condivise con chiunque e che vanno coccolate e protette e porte sul tabarè amoroso dello spazio chiuso.
Serve a darsi forza, trovare identitàspecificità singolomultiple e va bene così, deve essere così. Dopodichè (o anche in alternanza) si può uscire, invitare.

[Per me che ero un piccolo isolazionista rancoroso è sia una scoperta che una posizione ben precisa che un conquista.]

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Che Non una di meno fosse di base inclusiva ma con una parte separatista potrebbe sembrare un colpo al cerchio e uno alla botte, ma non poteva essere altrimenti. Manifestazione inclusiva, com’è giusto che sia una volontà manifesta; tavoli di lavoro già più autoselettiva, com’è giusto che sia.

P.S.
La soggettività trans nei discorsi, già meno nella presenza, era quasi assente. Anche vero che se le soggettività trans, io per prima, devono esserci per essere incluse non per procura e non per maternalismo.

 

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