L’ipotesi di un bikini

tumblr_mwc3w2a24I1qfo3i7o1_1280Il mio corpo sta cambiando, certo, lentamente, con la stessa lentezza dello scioglimento di un ghiacciaio, con la costanza di una versione della goccia cinese che invece di essere d’acqua è di gomma e burro (e una punta di senape, ovvio), ma rimane sempre quello, con le medesime rigidità, con il medesimo numero di bulbi, sia oculari che piliferi, lo stesso numero di carie, occhi, fegati, milze e dita.

La difficoltà più grande è quello di dare un senso diverso a questo corpo. Il mutamento più grande è emotivo, e poi ho anche la pelle meno grassa. In inrealtà non sto parlando di una Vera Difficoltà, né di un problema e non è nemmeno una messa in discussione. Sto parlando di un cambio di paradigma, di prospettiva, di oh-ma-chi-sono?. Ma forse non saprei nemmeno come definirla. Mi stranisco pure se cambio le lenzuola e intorno a me percepisco un colore diverso dal solito, non un’alienza permanente ma solo una virgola di realtà che cambia, per dire.

Alla soglia dei sei mesi di TOS, sono andata per la prima volta in spiaggia, in bikini o presunto tale (era della biancheria intima malamente camuffata da costume). A parte il mio seno da dodicenne, ripeto, il mio corpo era più o meno lo stesso di quello di sei sette mesi fa, coi fianchi dritti come una superstrada americana, lentamente più o meno lo stesso.

Non vorrei ridurre tutto ad una semejotica di genere, ma il corpo è anche un segno, e come si fa a cambiare significato allo stesso significante, come posso dare un’identità femminile ad un corpo ancora maschile? Mettendola in questo modo ovviamente sto oggettificando il mio corpo, che è una parte di me, ma è anche una parte del mondo, della realtà e in quanto tale ha bisogno di un riconoscimento.

Al primo incontro tra due persone che non si conoscono il genere è il primo fattore che viene riconosciuto. Attraverso l’abbigliamento le persone definiscono apertamente il loro genere. Poi vengono altre cose, la forma del corpo, la gestualità, i vari elementi che compongo il parlare, i caratteri sessuali secondari.

Torno a me. Forse non dovrei aver bisogno di genderizzare il mio corpo (c’è forse qualche screanzat* là fuori che mi deve dire di cosa devo avere bisogno? Spero proprio di no), non dovrei pensarci, dovrei viverlo per com’è, che è poi è anche quello che faccio. Il mio tucking non era perfetto, il mio vello spuntava guerriero e baldanzoso qua e là, il mio stomaco protrudeva come una bovindo, i miei fianchi erano stretti quanto un fascio di tante penne bic con l’inchiostro che si sta seccando.

Il mio corpo era lo stesso, lo è ancora, ma io sono diversa. Io sono diversa.

Devo dire che è un’esperienza strana, non so bene dove vorrei arrivare, non ho un’idea precisa di come voglio diventare, non so proprio benebenebene cosa sto facendo. Vorrei poter dire delle cose eleganti usando le parole slittamenti, sentire, percezioni corporee, piaceri, corpi desideranti, ma non sono pronta e forse non lo sarò mai.

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Umberto Veronesi e gli ormoni

Qualche giorno fa Umberto Veronesi  ha rilasciato quest’intervista al Corriere della Sera dove inizia a parlare del calo della fertilità maschile e finisce sul rapporto tra produzione ormonale e società.

Non sono in grado di appoggiare o confutare molto a proposito di quanto dice sul calo della fertilità e su quanto lo stile di vita influisca sulla produzione di ormoni, non solo sessuali, ma credo di essere capace di analizzare la comunicazione. Ad un certo punto dice “omosessualità e bisessualità sono in aumento costante, pur considerando una maggiore libertà a dichiarare una sessualità diversa o più ampia rispetto a pochi decenni fa. Sono in aumento anche i cambiamenti di sesso, quasi sempre a favore di quello femminile” e quello che leggo è che di fatto la società occidentale abbia portato dei cambiamenti ormonali tali da aver praticamente fatto aumentare omosessualità, bisessualità e, come dice lui, cambiamenti di sesso. Non lo dice esplicitamente ma affermarlo all’interno di un discorso medico declina, secondo me, quanto detto in questo senso, e non fa che confermare l’idea di una medicalizzazione del genere e dell’orientamento sessuale. Si parla di cambiamento culturale, sì, ma il contesto rimane un discorso medico ed endocrinologico ed esclude l’autodeterminazione della persona. Veronesi parla anche del fatto che le donne siano diventate più competitive, cita un soffocamento della femminilità. Questa maschilizzazione delle donne sta causando una devirilizzazione dei maschi e questo a Veronesi sembra non andare molto giù. Comunque di seguito l’intervista completa (dovrebbe essere completa, sul sito del corriere non c’era).

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«Credo che una delle possibili cause di questo fenomeno sia antropologica e risieda nel cambiamento dei ruoli familiari e sociali, che nel tempo ha prodotto una modificazione nella stessa biologia degli organismi». Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia e soprattutto attento osservatore dell’evoluzione (nel bene e nel male) dell’umanità e dell’ambiente in cui l’uomo vive e sopravvive, da tempo parla di un futuro tendente alla «parità» anche ormonale dei generi. In realtà il calo della fertilità maschile non è una novità: da 40 anni si osserva in Occidente una riduzione progressiva degli spermatozoi e della loro vitalità.

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