TGEU TransgenderCouncil2016

Foto del 06-06-16 alle 15.02

la bellissima maglietta con peli di gatto che ho aggiunto io in seguito

Io mi sa che non sono molto da megaevento internazionale.
Quando le persone non hanno i sottotitoli mi trovo un po’ in difficoltà nella comprensione and io myself che parlo inglese, se non sono sincronizzata con un mental dictionary mi esprimo intercalando mugugni&silenzi in cerca di parole (l’inglese come lingua tennologgica).
In più l’edificio della mia socialità ha nelle simpatiche castronerie che dico molte delle fondamenta, e senza di esse non riesco a introdurmi con discorsi e attivismi passati, io che non faccio parte di nessuna organizzazione. Insomma avrei voluto parlare e conoscere molte più persone di quanto abbia fatto (tipo tutte) ma chiudo qui il Momento Disagio e passo oltre.

Al Transgender Council organizzato a Bologna dal TGEU e dal MIT C’erano molte persone, individui proprio in senso stretto, ognuno genderizzato a modo proprio (ho scoperto che esistono davvero i trans con i capelli colorati che vedevo nelle vignette) tante organizzazioni che fanno cose e fanno tante cose, con o senza le istituzioni. C’erano poi talmente tanti workshop e argomenti che ce n’era da parlare per qualche semestre.

Dovessi trovare un tema direi intersezionalità. Ho trovato molto interesse e preoccupazione, for example, per i migranti LGBTQI, così in basso nella piramide dei diritti che li troviamo a malapena in cantina, oltre al riconoscimento legale delle persone non binary. Nei workshop alla salute, alla prostituzione e alle questioni legali (non proprio il mio centro di interesse).
Nell’ultimo panel, ad esempio, si è parlato di brownità, ciccionità, musulmanità, migrantità e pazzità  (unfortunately stavo in coma cerebrale e ho capito less than a half).
In questo senso il movimento trans, direi anche transfemminista, può essere un punto di convergenza di varie istanze politiche e sociali.

La chiave di volta di tutta la faccenda sono di fatto i diritti legali e sociali delle persone trans, queer e migranti.

 

Altough a local political agenda del comune di Bologna che un po’ si apre e un po’ agisce intollerante (vedi Atlantide e Cassero), la scelta di offrire i locali ricchi di echoes e frescoes dei palazzi intorno a Piazza Maggiore ha comunque un valore simbolico notevole. Fossimo state a Roma, se andava bene saremmo state confinate al Palazzo dei Congressi dell’EUR ma mai e poi mai al Campidoglio o al vicino e simpatico Palazzo Venezia o in qualche palazzo a via del Corso. C’erano dietro tanti soldi, va bene, (e spero tanto tantissimo che il MIT ci abbia preso qualche soldino) ma portare a bunch of weird people in centro è stato quasi illuminato.
The sad rant dell’attivismo italiano era sempre lo stesso: no money.

Credo che per l’Italia sia stata una buona occasione e anche una buona base per continuare a discutere e a coinvolgere più realtà di impegno sociale, forse anche chiedere finanziamenti all’Europa, alle Fondazioni e ai privati (se la devono accollare, non possono solo restaurare facciate di palazzi antichi).
Senza fare discorsi utopici e/o futuristici l’intersectionality e ancor più l’inclusione nelle lotte e nelle riflessioni per i diritti civili. Come dire, una visione più olistica della realtà.